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Il lato oscuro del tennista

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Messaggio Da albesca Dom 25 Lug 2010, 16:55

Riporto qui il post di Roberto tratto da un articolo di un suo amico istruttore federale, perchè vorrei approfondire con voi questo argomento che mi pare piuttosto rilevante...allmeno, per i miei gusti.


Il lato oscuro del tennista

Lo spunto per questo articolo mi è venuto pochi giorni fa quando al mio circolo si stavano disputando le fasi finali di un Master giovanile di tennis
In campo si stavano fronteggiando due under 12 tra i migliori della Lombardia ed il punteggio era sul 2 pari.
Si era sul 40 pari e,visto che nei tornei giovanili vige la regola del no-ad cioè non si giocano i vantaggi ,si stava giocando un punto secco.
Il ragazzino più basso (secondo me,il più bravo dei due ) serve e, dopo uno scambio combattuto,perde il punto, e quindi il game.
Poco male! Il punteggio era in una fase tranquilla e soprattutto a questa età il servizio non è vitale ai fini del game ma….a questo punto….scoppia la tragedia!
Il piccolino inizia a piagnucolare ed a lamentarsi vistosamente sul fatto che “non vinco mai il punto importante”,che “capitano tutte a me”,”cosa gioco a fare” ecc. ecc. e nel contempo smette praticamente di giocare a tennis per 2-3 game,poichè la sua mente è troppo occupata in questa spirale di negatività,morale:6-2 per l’avversario in 1 minuto e mezzo!

Da “vecchio giocatore” capisco molto bene lo stato d’animo di quel bambino,poichè innumerevoli volte l’ho provato sulla mia pelle (perdendoci anche qualche partita),infatti come Maestro,sebbene sia perfettamente d’accordo sullo stigmatizzare determinati comportamenti,provo però anche molta empatia con tutti quelli che vengono trascinati nel “lato oscuro” della mente tennistica che li porta irrimediabilmente a perdere punti e partite.

Tutto questo per introdurre cosa porta noi tutti nel “lato oscuro”:il pessimismo.

Questo atteggiamento mentale è, badate bene,molto umano e normale,ma specialmente in uno sport dove ad ogni punto accade tutto e il contrario di tutto, è quanto più di deleterio possiate avere ai fini di un risultato agonistico… e ve lo dice uno che ha dovuto imparare a non essere pessimista :-).
Ma che cosa fa in d efinitiva un pessimista? Vede sempre una realtà soggettiva peggiore di quella che è!
E questo ,in tutti gli sport (ma anche nella vita),non porta mai risultati….
E parlo di realtà soggettiva poichè ,nel caso del ragazzino sopracitato,tutto il suo dramma per un punto perso si basa solamente su di un….suo film mentale che niente ha a che vedere con il reale:la realtà,infatti, è che egli ha perso un 15 ed un game….basta!
Tutta la psicologia sportiva tratta il pessimismo come atteggiamento mentale da eliminare quanto più possibile dal nostro modo di vivere il momento agonistico perchè sa bene (attraverso studi approfonditi) che questo non potrà mai portarci alla vittoria.
Ai miei allievi porto sempre questo esempio (un pò fantasioso ma significativo):supponiamo che tu abbia un clone di te stesso in tutto e per tutto uguale a te (stesse capacità fisiche e tecniche) e che disputiate un match uno contro l’altro;la sola differenza tra voi è che tu continui a pensare “non ce la farò mai a vincere” e lui invece “se mi impegno al massimo posso farcela”:chi credi vincerà quell’incontro?
La risposta naturalmente è scontata per tutti noi e questo vi può dare un esempio della potenza negativa del pessimismo.
Per questo cercate sempre di rendervi conto di cosa pensate in campo durante le fasi negative del match e state bene attenti a “pulire” il più possibile i vostri pensieri da frasi pessimistiche.
Come avrebbe dovuto fare il ragazzino,anche voi attenetevi per quanto possibile alla realtà del punteggio e non all’interpretazione che voi date di esso,vedrete che la maggior parte delle volte avrete perso solo un 15 e che la partita sarà ancora lunga.
Ricordatevi che nel tennis tutto può sempre accadere e tante volte si tratta solo di ….resistere!

P.S. Alla fine il ragazzino basso in questione ha perso la partita 6-2 6-3.
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Messaggio Da veterano Dom 25 Lug 2010, 23:54

Il problema credo che sia dovuto al fatto che si pensi troppo,perdendo la concentrazione sulle cose necessarie.Meno penso meno paranoie mi faccio.
La tensione e normale che ci sia in un ragazzino di questa eta' ma molto dipende da che tipo di pressione si esercita su di lui,e da che tipo di insegnamenti abbia ricevuto.
Insomma il ragazzino quando sbaglia un punto importante incomincia a farsi paranoie e va in tilt,cosa che non succederebbe se fosse indirizzato a focalizzare l'attenzione sulle cose essenziali del gioco.
Primo spiegargli che i qualsisi tipo di gioco si puo vincere e perdere,ma l'importante non e vincere,l'importante e sempre dare il meglio di se stessi.
Due insegnarli a concentrarsi ,ma non a eseguire bene la tecnica,concentrarsi per esempio sulla respirazione,sentire bene il respiro e guardare bene la palla quando si colpisce.
Ci sono diverse tecniche che sono utili a non pensare...............la cosa migliore e rilassarsi e come dicevo non pensare..................se pensi incominciano le paure e di conseguenza incominciano gli errori.
Ci sono differenti tecniche per rilassarsi quando si gioca e per non inciampare in pensieri negativi................chiaramente ognuno deve trovare la tecnica piu adatta e con un po di allenamento ,perche' anche queste tecniche hanno bisogno di essere allenate,si puo ottenere risultati veramente incredibili.
Come dice Satrapo la testa conta poco specialmente nelle basse categorie dove una tecnica sicura ti fa vincere la partita.
Bene io penso che la testa conta ma bisogna sapere come usarla,in questo caso a concentrarsi sulle cose fondamentali (in una partita e' inutile mettersi a pensare alla tecnica se non incominciano le paure,e si perde prima di cominciare,specialmente se non si e' sicuri.) e a non pensare troppo.
E inutile crearsi delle paure senza senso,ma questo non solo nel tennis in tutti gli sport bisogna imparare ad andare in campo con l'atteggiamento giusto,bueno se non ho una buona tecnica nessun attegiamento positivo mi potra' salvare da uno piu' bravo di me,ma almeno non mi fara ' cadere a pezzi e perlomeno continuero a fare il massimo senza avere pensieri catastrofici e un finale dalle conseguenze scontate.
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Messaggio Da enrico65 Lun 26 Lug 2010, 09:10

Assolutamente vero! Il discorso è però molto più complesso di quello che sembri... noi siamo condizionati dal nostro sub-conscio, che ritengo sia il nostro "lato oscuro", quallo ci dice: "non ce la farai mai"... il pensietro positvo aiuta, ma per fare davvero dei progressi in tal senso, ci sono delle tecniche particolari, per esempio l'autoipnosi. C'è anche un bel libro che parla di queste problematiche, che ho avuto grazie a questo forum: lo zen e l'arte di giocare a tennis, prefazione di Nicola Pietrangeli. Nulla di nuovo dunque, ma è questo lo zoccolo duro duro che dobbiamo affrontare: noi stessi
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Messaggio Da albesca Lun 26 Lug 2010, 12:13

Molto interessante veterano che tu abbia specificato cosa vuol dire "concentrarsi"..perchè io ad esempio, ho sempre creduto che concentrarsi si intendesse sull'esecuzione tecnica...quindi allineamento, piedi, peso, posizione del braccio ecc. ecc.... è evidente che cosi' aggiungo solo pressione su pressione.
Ma come si allena la capacita' di non pensare ? Qualcuno di voi ha sperimentato su questo tema sia come maestro che come allievo ?
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Messaggio Da Satrapo Lun 26 Lug 2010, 13:31

albesca ha scritto:
Molto interessante veterano che tu abbia specificato cosa vuol dire "concentrarsi"..perchè io ad esempio, ho sempre creduto che concentrarsi si intendesse sull'esecuzione tecnica...quindi allineamento, piedi, peso, posizione del braccio ecc. ecc.... è evidente che cosi' aggiungo solo pressione su pressione.
Ma come si allena la capacita' di non pensare ? Qualcuno di voi ha sperimentato su questo tema sia come maestro che come allievo ?

Se analizziamo la nostra tecnica tutti noi abbiamo dei punti di forza e punti di debolezza. Ci sono cose che facciamo bene senza doverci pensare e cose che se non le seguiamo con attenzione finamo col fare male, o non peggio ancora col non fare affatto.

Per fare un esempio io avevo il vizio di restare alto, inoltre pur avenendo un ottimo dritto quando lo tiravo lungolinea tendevo ad andare largo per un difetto tecnico nell'utilizzo dell'appoggio destro, e così via per tanti altri piccoli-grandi vizi..

Per me concentrarsi voleva dire "obbligarmi" mentalmente a gestire al meglio le mie "debolezze tecniche principali" tanto che ad esempio dal primo 15 all'ultimo nella mia testa risuonava continuamente l'ordine ossessivo di "stare basso". Oppure quando decidevo di piazzare un longolinea subito tutta la mia attenzione si rivolgeva alla corretta gestione dell'appoggio destro perchè sapevo che lo scoglio maggiore da superare era proprio quello.

Di contro impostare e dare pressione su una diagonale di dritto era per me la cosa più naturale del mondo tanto che in uno scambio dritto contro dritto avevo la mente libera, e questo mi consentiva di ragionare tranquillamente sul da farsi, il che si traduceva magari nello stabilire a priori cosa avrei fatto non appena l'avversario avesse accorciato oppure nel fissare un limite ragionevole di scambi oltre il quale se non si fossero prodotti risultati sarebbe stato opportuno cambiare angolo, variare rotazione etc. etc.

Sulla diagonale di dritto io riuscivo a "respirare" mentre ad esempio avendo un rovescio non all'altezza del dritto quando venivo inchiodato sulla diagonale sinistra ero assolutamente impossibilitato a ragionare su piazzamento od eventuali strategie perchè tutta la mia attenzione era rivolta globalmente all'esecuzione del miglior rovescio possibile. Anche qui c'erano dei punti di riferimento che nel caso del mio rovescio consistevano nel curare la distanza della palla e la presa di terreno con l'appoggio destro perchè tendevo a restare schiacciato subendo troppo la palla.

In questo caso non restava sicuramente "mente" libera per ragionare sul piazzamento ed infatti tutti i possibili schemi per uscire da una situazione di sofferenza sulla diagonale di rovescio venivano provati in allenamento e memorizzati-meccanizzati per poi essere applicati "a memoria" in partita.

Si trattava quindi di concentrarsi sul colpo curando i riferimenti più significativi (distanza e presa di appoggio destro) iniziando poi a snocciolare "a memoria" la lista delle possibili varianti che mi potevano levare da quella situazione di impaccio, sperando che producessero un risultato apprezzabile prima che l'avversario riuscisse ad avere il sopravvento martellando sul mio lato debole.

La cosa importante da comprendere è che la capacità di concentrazione è limitata, non si può controllare ogni elemento del gesto tecnico e in più tenere d'occhio l'avversario e ancora decidere piazzamento e tipologia di palla più idonea. Siamo uomini, non siamo robot.

Allora tecnico ed allievo devono riuscire ad individuare gli elementi più deboli della catena tecnica e concentrarsi su di essi in modo che come nel mio caso il continuo ossessivo ordinarmi di "stare basso" potesse eliminare la causa della maggior parte degli errori, salvo poi sviscerare ulteriori riferimenti per soluzioni specifiche come nel caso del mio lungolinea di dritto molto poco consistente per colpa dell'appoggio destro.

Ma quando ci muoviamo nel nostro terreno preferito, quando stiamo eseguendo la "specialità della casa" allora l'attenzione dovrà essere rivolta non tanto all'esecuzione tecnica che non dovrebbe creare problemi, ma ad altre problematiche come la ricerca del miglior piazzamento possibile per la palla in base alla situazione di gioco e alle caratteristiche dell'avversario, alla gestione dello scambio "a lunga" scadenza senza dover necessariamente approcciare una palla con l'ansia tipica dell'amatore stile "o faccio il punto, o lo perdo".

Il grosso stress di un match NON deriva dal doversi concentrare su una marea di cose contemporaneamente perchè per ogni situazione le cose veramente importanti da curare sono al massimo un paio, ma deriva dal dover gestire costantemente la nostra attenzione per essere in grado di indirizzarla in ogni momento dove è veramente necessaria, e questo continuo leggere ed interpretare le situazioni che cambiano di palla in palla per sintonizzarsi sempre al meglio crea quella sensazione di pressione psicologica che impariamo a conoscere ed amare nel tempo tanto dal ricercarla in una costante fame di match che ogni agonista sperimenta, ma che un bel giorno senza preavviso ci appare insostenibile. Quel giorno smettiamo di far tornei e mentre prima quando vedevamo qualcuno impegnato in un turno a sudare e sbuffare ci veniva spontaneo dire "io farei così, io proverei questo, quello, datemi una racchetta che gli faccio vedere io come si gioca a sti due etc. etc." improvvisamente ci ritroviamo a pensare con un certo sollievo "..meno male che non devo giocare!!!"
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Messaggio Da veterano Lun 26 Lug 2010, 13:57

Satrapo come sempre ha spiegato bene il concetto di concentrarsi.
Per lui il punto chiave era lo stai basso,e curare l'appoggio per il rovescio.
Per altri i punti chiave saranno altri,per me era guarda la palla, perche' dopo 3-4 scambi guardavo l'avversario e mi dimenticavo della palla e poi mi concentravo sul cambiare appoggio quando dovevo entrare per giocare un dritto parallelo.Questi per me erano i punti chiave .
Quello che volevo dire e che per me la respirazione e il guardare la palla e pensare alla appoggio in partita erano i mie punti chiave,con la respirazine mi rilassavo e non pensavo all' esecuzione globale del colpo perche' non ne avevo bisogno.Come dice Satrapo bisogna individuare i punti chiave,all 'inizio ci possono essere diversi problemi tecnici,ma ci sara' sempre un punto piu importante dell altro da focalizzare,per il resto ci si allena sul campo.
A me serviva molto questo e quando le cose cominciavano ad andare male ripetevo il rituale ,respira lento e guarda la palla,ma non avevo minimamente paura di sbagliare,focalizzavo l'attenzione sui punti per me chiave.La famosa tattica e schemi dopo essermi allenato sul campo per ore e ore mi usciva naturale senza doverci pensare piu di tanto.
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Messaggio Da albesca Lun 26 Lug 2010, 17:55

veterano ha scritto:....cut....A me serviva molto questo e quando le cose cominciavano ad andare male ripetevo il rituale ,respira lento e guarda la palla,ma non avevo minimamente paura di sbagliare,focalizzavo l'attenzione sui punti per me chiave.La famosa tattica e schemi dopo essermi allenato sul campo per ore e ore mi usciva naturale senza doverci pensare piu di tanto.

Una cosa è chiarissima dai vostri interventi: è impossibile evitare di pensare, ma è possibile SELEZIONARE i pensieri utili, quindi tenere in mente solo POCHISSIMI PENSIERI , frutto di una SINTESI ESTREMA di cio' che l'esperienza ci ha insegnato su noi stessi e le nostre debolezze durante l'allenamento.

Veterano pero' ha introdotto un'altro tema davvero tosto: la paura di sbagliare. Qui si rivela quanto diabolico e affascinante sia questo gioco, che ti obbliga a controllare istinti ancestrali attraverso la sola forza di volonta' e la determinazione, ti forgia dall'interno e ti cambia...che tu abbia un carattere aggressivo, timido, estroverso o lunatico, la regola è una e una sola: bisogna apprendere l'arte dell'autocontrollo, bisogna imparare a gestire le proprie emozioni.

Ma davvero si puo' colpire ogni palla senza paura di sbagliare ? Quale processo dovremmo innescare nella nostra mente per dissociarci dall'esito dei nostri colpi ?
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Messaggio Da Satrapo Lun 26 Lug 2010, 21:48

albesca ha scritto:Ma davvero si puo' colpire ogni palla senza paura di sbagliare ? Quale processo dovremmo innescare nella nostra mente per dissociarci dall'esito dei nostri colpi ?

Fondamentalmente l'obiettivo dell'allenamento tecnico è proprio questo, solo che si tratta di un processo che dura anni ed è volto ad infondere nel giocatore la CERTEZZA che un gesto tecnico eseguito in modo corretto ha davvero ottime possibilità di riuscita.

Ovviamente non si arriva mai alla fallosità zero, perchè anche un colpo portato a regola d'arte ha le sue possibilità di finire lungo o largo di un palmo ma un giocatore tecnicamente formato SA PER CERTO che se fa tutto bene la palla finirà dove la vuole piazzare nel 95% dei casi.

Poi bisogna fare i conti con l'avversario che se ci proporrà palle difficili facendoci giocare a ritmi elevati ci renderà sempre più complicato riuscire ad eseguire i nostri colpi nel modo migliore, e allora le nostre percentuali di riuscita potrebbero calare ma ciò non andrà ad intaccare la nostra fiducia perchè il concetto è il seguente: io giocatore so che sbaglierò di più quando sarò chiamato a fronteggiare problematiche più complesse (ritmi di gioco via via più elevati) che mi impediranno di arrivare sempre in perfetto timing sulla palla eseguendo il mio swing alla perfezione, ma di questo devo rendere merito al mio avversario.

Di contro provvederò nel tempo a migliorare la mia capacità tecnica di sostenere ritmi di gioco sempre più elevati e di risolvere problematiche sempre più complesse lavorando sul footwork, sullo swing, sulla reattività etc. etc. in modo da elevare sempre di più quel margine di sicurezza che mi consentirà di trovarmi per quanto possibile a mio agio incontrando giocatori sempre più forti.

Quindi la "paura di sbagliare" sostanzialmente non può più esistere nella testa di un giocatore tecnicamente maturo, mentre risulta ben chiara la consapevolezza che l'unico modo per avvicinarsi alla chimera della fallosità zero è riuscire a trattare ogni palla in maniera ottimale, cosa ovviamente strettamente dipendende da un miliardo di fattori che vanno dalla forza dell'avversario e dalla sua capacità ti proporci problemi complessi da risolvere, alle nostre abilità tecniche di spostamento, di timing, di swing.

Poi ci sono situazioni delicate di punteggio in cui il giocatore sente la pressione, ma questo si traduce più in una "paura di scegliere la soluzione sbagliata". Quando si fronteggia un match point ad esempio non si ha paura di sbagliare il colpo, ma bensì si teme di non avere lucidità sufficiente finendo per fare la cosa sbagliata magari andando a forzare una palla che non era adatta finendo col rischiare troppo o viceversa evitando di entrare con decisione su una palla che aveva tutte le caratteristiche per essere aggredita e dominata.

Ecco in un tennista tecnicamente maturo la paura di sbagliare è in realtà paura di fare la cosa sbagliata.
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Messaggio Da albesca Mar 27 Lug 2010, 09:47

Ringrazio Roberto per lo spunto e Satrapo e Veterano per aver aperto questa finestra sulla mentalita' dei "giocatori esperti", cosa che a mio parere ha una utilita' didattica di grandissimo valore.

Assunto che la "paura di sbagliare" è praticamente un effetto collaterale inevitabile quando il livello tecnico non è ancora sufficientemente alto, è adesso spiegato il motivo per cui noi NC e quarta urliamo come polli spennati se non ci entra il passante di rovescio, cosa che i giocatori esperti che certo non sono contenti dei loro errori, evitano e controllano grazie alla loro esperienza.

Noi nc abbiamo un livello di gioco che ci pone di fronte al fatto che, nonostante tutte le accortezze sul footwork e la concentrazione sulla palla, non possiamo avere percentuali di riuscita del 95 percento, fatto ineluttabile che ci cala in un conflitto pesantissimo tra cio' che tennisticamente siamo e cio' che vorremmo essere.

La soluzione è l'allenamento, serio e programmato, e non ci piove ma.... in questi anni di lavoro che vi attendono ( per me ormai la situazione è irrecuperabile.... ), cosa potremmo fare per controllare la "paura di sbagliare" tanto deleteria per il mantenimento di un buon livello di concentrazione ?

Mi viene in mente una soluzione: trasformare la paura in certezza e cioè trasformarla nella "certezza di sbagliare" ( positivita' del pensiero come scriveva correnelvento in altro post). Vi sembra tanto paradossale ?

Eppure pensateci un attimo ed immaginate di tirare un passante in lungolinea a tutto braccio, ma non per fare "i fighi" ma perchè cosi' ci hanno insegnato a tirarlo. Noi, che non possiamo mentire a noi stessi, lo sappiamo bene che in allenamento ne sbagliamo piu' d'uno e quindi in partita ne sbaglieremo ancora di piu', allora che senso ha aver paura di sbagliare !!??? Altro che paura figlioli, noi abbiamo la "certezza matematica di sbagliare" !!!! E' proprio questa considerazione, l'accettazione e la consapevolezza della bassa percentuale di riuscita dei nostri colpi ( ma anche di quelli dei nostri pari livello ) che, per quanto possa apparire paradossale, puo' e deve liberarci da ogni paura.

Facciamo insieme un bel salto di qualita' compagni di scarsezza .......

...........passiamo dalla "paura di sbagliare" alla "liberta' di sbagliare".
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Messaggio Da Satrapo Mar 27 Lug 2010, 13:03

Due cose molto importanti.

albesca ha scritto:Assunto che la "paura di sbagliare" è praticamente un effetto collaterale inevitabile quando il livello tecnico non è ancora sufficientemente alto, è adesso spiegato il motivo per cui noi NC e quarta urliamo come polli spennati se non ci entra il passante di rovescio, cosa che i giocatori esperti che certo non sono contenti dei loro errori, evitano e controllano grazie alla loro esperienza
Questa innegabile verità ha in realtà radici profonde nella formazione di un tennista che ha raggiunto un alto livello tecnico e che quinidi presumibilmente ha iniziato a frequentare gruppi di allenamento agonistico fin da ragazzino.

Normalmente se commetti un errore ed urli per il disappunto il Maestro ti leva la racchetta e ti utilizza come raccattapalle per il resto della sessione, perchè nella formazione di un giocatore costruire la percezione che l'errore vada accettato ed analizzato e non "rifiutato" con urli e strepiti è fondamentale. Puoi sbagliare mille volte e mille volte il Maestro ti correggerà, ma se sbagli una sola volta ed urli hai finito la sessione. Per questo motivo un giocaotre di buon livello è abituato a non esternare la sua frustrazione per un suo errore tecnico anzi, quando si fa una cosa in maniera tanto approssimativa da sfociare in un errore tecnico il giocatore tende a riflettere su quanto accaduto traendo stimoli positivi per il suo gioco del tipo "piegati", "muovi i piedi" etc. etc. Quello che al contrario fa imbestialire un giocatore di buon livello non è l'errore tecnico ma l'errore situazionale, come magari tentare una smorzata che muore sul nastro o che pur passando ci viene chiusa in fronte dall'avversario, oppure lo sbagliare la direzione del passante, oppure spingere troppo una palla che andava chiusa in scioltezza etc. etc.

In generale quando un buon giocaotre si espone ad un rischio eccessivo segliendo la soluzione meno sicura già di per sè si innervosisce, a prescindere dal risultato del suo colpo. Molti di voi avranno visto giocatori di buon livello arrabbiarsi anche dopo aver fatto il punto perchè magari avevano forzato troppo una volè a campo aperto rischiano l'out, oppure perchè sempre a campo aperto e con l'avversario ormai fuori gioco avevano scelto la smorzatina che è si passata portando loro il punto ma è andata dall'altra parte per miracolo danzando sul nastro.

Accade allora di vedere la gente applaudire un prodezza mentre il giocatore (forte) che l'ha appena compiuta scuote la testa come a dire "ma come mi è venuto in mente di fare sta cosa", mentre di contro quando l'amatore quarta NC realizza il colpo del secolo si lascia andare ad ululati di gioia mentre chi si trova a passare di li scuote la testa pensando "che culo!" Il lato oscuro del tennista 786556 Ecco l'atteggiamento speculare che hanno le due tipologie di giocatori di fronte alla stessa prodezza la dice lunga sulla consapevolezza del proprio tennis che ognuno di loro ha acquisito, tanto che il giocatore forte si rimprovera a prescindere per aver rischiato troppo mentre l'amatore cerca costantemente di esorcizzare i suoi errori banali mettendo a segno qualche colpaccio, come se un vincente fortunoso lo ripagasse di 20 errori banali, cosa ovviamente ASSURDA.

La cosa che poi proprio fa imbestialire un buon giocatore è l'errore a rete: non vi avvicinate mai ad un buon tennista che ha appena sbagliato affossando un colpo innocuo a rete perchè in quel momento è un potenziale omicida armato di racchetta. (Perchè l'errore a rete, tranne i casi in cui si è davvero impiccati, E' SEMPRE EVITABILE e quindi è testimonianza di una imperdonabile superficialità. In tutti gli schemi di allenamento a conteggio errori l'errore a rete viene pagato doppio o triplo rispetto ad un qualsiasi out)

albesca ha scritto:Facciamo insieme un bel salto di qualita' compagni di scarsezza .......

...........passiamo dalla "paura di sbagliare" alla "liberta' di sbagliare".

Questo punto a mio avviso è molto pericoloso, la "libertà di sbagliare" porta solo alla certezza di perdere. L'NC quarta commette molti errori tecnici la maggior parte dei quali sono figli di errori situazionali. Non si può combattere la paura con l'incoscienza, la fiducia non si costruisce ignorando i propri limiti. Un NC dovrebbe essere letteralmente TERRORIZZATO E OSSESSIONATO dalle sue basse percentuali di riuscita e muoversi su due binari paralleli:

A) Lavoro tecnico per migliorare queste percentuali in modo da portarle a livelli umani.

B) Evitare come la peste le soluzioni ad alto rischio, perchè è vero che un seconda categoria in un palleggio in controllo ha percentuali di riuscita del 95% e quindi ovviamente il suo braccio non tremerà e la sua mente non percepirà nessun timore di sbagliare, ma se quel seconda si mette a sparar vincenti, tirar smorzate, spazzolando nastri e righe la sua percentuale di riuscita calerà miseramente perchè se faccio sistematicamente cose troppo difficili il 95% di riuscita me lo sogno anche se mi chiamo Federer.

Ecco che qui torna di nuovo in ballo il mito del pallettaro che tanto "maltrattato" ha in realtà molte più similitudini con un agonista forte di quante ne abbia l'amatore medio che infatti soccombe contro questi muri di gomma tra urli, strepiti e scenate isteriche e di solito arriva a considerarsi superiore tecnicamente ma vittima di chissà quale blocco psicologico-mentale-caratteriale.

Anche in questo caso il pallettarino ha molto da insegnare all'amatore quarta - NC perchè nel suo caso la paura di sbagliare si è trasformata CORRETTAMENTE nella "paura di assumersi rischi eccessivamente al di sopra delle sue capacità tecniche", esattamente come fanno i giocatori molto forti.

Quindi la ricetta per sconfiggere la "paura di sbagliare" è sostituirla con il "terrore di fare la cosa sbagliata" iniziando contemporaneamente a lavorare sulla propria tecnica in modo da innalzare verso l'alto quel limite che divide le cose "fattibili" da quelle "non fattibili".

Il tennis è uno sport percentuale, lo abbiamo detto miliardi di volte: vincere o perdere è solo questione di percentuali, tanto più a lungo riuscirò a restare nel mio margine di sicurezza tanto più alte saranno le mie possibilità di vittoria.
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Messaggio Da albesca Mar 27 Lug 2010, 14:03

Vuole solo essere un richiamo alla consapevolezza dei propri scarsi mezzi ed alla serena accettazione dell'errore, nel momento in cui si sceglie, ovvero ci si prende la liberta', di fare un colpo difficile per le nostre abilita' acquisite.

"Liberta' di sbagliare" vuole essere solo un paradosso per far riflettere tutti noi NC che dalla notte dei tempi animiamo numerosi il purgatorio tennistico divisi tra girone dei perdenti e girone dei pallettari.Smile
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